mercoledì 11 giugno 2014

Roberto Bolano - 2666 (5)

ferrigno (20-11-2013)

Imperdonabile inefficacia
Ecco tutti i perché della mia delusione.
1. Disarticolato.
Cosa tiene insieme le parti del "romanzo"? I critici cercano Arcimboldi a Santa Teresa, Amalfitano vive a Santa Teresa, Fate va a Santa Teresa, gli Omicidi avvengono a Santa Teresa, Arcimboldi va a Santa Teresa.
All'editore di Bradbury non è mai passato per la testa di spacciare "Cronache Marziane" per romanzo, che pure è più romanzo di 2666.
2. Bidimensionale
I personaggi sono piatti. Scarsa introspezione, scarsa profondità, niente sviluppo. Dopo 800 pagine, non so nulla di Arcimboldi, non riesco a distinguere un critico dall'altro e non ricorderò mai nessuno di loro, con l'eccezione di Fate, forse.
3. Inconsistente
La scrittura di Bolaño si perde in mille rivoli di insignificanza. Il bambino che voleva essere alga, il pene del generale, i sogni dei personaggi: pagine di roba così assurda che ti dici "DEVE avere un significato!" e invece allungano il brodo e basta; e se anche vogliono dire qualcosa, è qualcosa di non fruibile per il lettore. Bolaño è un altro di quelli che dissemina il suo romanzo di metafore criptiche, e trova tanti lettori che se ne compiacciono adoranti.
4. Mono-tono
Niente ritmo. Ci sono cose che funzionano, in letteratura. Alternare dialoghi, azione, descrizioni e digressioni è una di queste. Roba che trovi in Sofocle, in Hugo, in Steinbeck. Il romanzo muore ogni volta che si vuole rifondarlo su basi inconsistenti. Il romanzo rivive ogni volta che si usano le vecchie regole per raccontare la contemporaneità. Cambia il racconto, non la grammatica.
5. Impegno inefficace
Scrivere un romanzo con l'idea di raccontare al mondo i femminicidi messicani è una cosa nobile e meritevole di attenzione. Farlo in modo inefficace è imperdonabile.

voto: 2/5

fonte: anobii

lunedì 9 giugno 2014

Carlo Emilio Gadda - Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (5)


ferrigno (giugno 2010- febbraio 2011)

So' appena sciuto, agghiummolato e abbacinato, ma pe' gnente allettato, dalla stolida computazione de' caratteri a stampa su carta - e pure cartaccia de stracci de quelli usati daa portinara de via Merulana (mannaggia a li morti de l'editore tirchio) - de mezzo Pasticciaccio der Gadda.
Mezzo: che ppe leggello tutto mi ce vulisse 'na fornitura de mafarde col rosbiffe: congrua e costante.
E ce vulisse pure un brain coach che co la stentorea boce del buce in fez me sbraitasse dinta n'orecchio: leggi! leggi! nun te fermà, a disgraziato! Leggi che c'hai davanti er capolavoro daa letteratura.

IL PERCHE' DEL VOTO
Il voto è 2 stelle. Visto che non sono un critico e non ho gli strumenti critici per un'analisi dettagliata, mi tocca puntualizzare che il voto è riferito alla mia capacità di lettore di GODERE di quest'opera.
Ebbene, la mia capacità di godere di quest'opera è NULLA. Ho letto 175 pagine di Pasticciaccio senza mai provare piacere. E visto che per me la lettura è PIACERE (non rilassamento: piacere), per me questo è un libro di merda.
L'uso del dialetto: non è quello. Il problema è quando Gadda NON USA il dialetto, perché passa ad un italiano paradossale e grottesco.
Mi sembrava inizialmente che il grottesco si accentuasse nei brani di critica al regime, e questo poteva starci. Ma proseguendo mi sono reso conto che il registro aulico-grottesco è usato in modo assolutamente indiscriminato e che fagocita tutte le 175 pagine che ho letto.

SULLA SPERIMENTAZIONE E LA NARRAZIONE
Potrei sbagliarmi, ma a me Gadda pare terribilmente compiaciuto. Gode oltremodo nell'usare parole inusitate, neologismi, arcaicismi, curiosità e stranezze. «Sul fatto che goda non hai le prove!». Forse no, però l'uso indiscriminato di un registro, senza apparenti motivi narrativi, mi sembra più che un indizio.
La storia passa in secondo piano. Invece, per me ROMANZO, è innanzitutto raccontare una storia. Sperimentazione: che sia, ma sempre al servizio della narrazione. Nel saggio sul New italian epic, wuming scrive che la sperimentazione dovrebbe essere INVISIBILE e finalizzata a uno scopo narrativo. In Manituana leggi "polvere di sangue" e non ti accorgi che è un'espressione priva di senso, perché UN SENSO LO COGLI. Inoltre, l'uso di questa sintassi "sperimentale" è contestualizzato e funzionale alla narrazione. "Polvere di sangue" potrebbe essere un'espressione usata da una persona turbata e confusa nel bel mezzo della battaglia.
Così non è nel pasticciaccio, dove invece la sperimentazione non è funzionale alla narrazione ma al gusto di Gadda (e secondo me al suo compiacimento).
Io, di queste 175 pagine di osannato pasticciaccio ho colto veramente poco, e quel poco a fatica e a costo di riletture, ri-riletture e uso intensivo del dizionario: uso frustrante, perché molte di quelle parole non ci sono neanche, sul dizionario.

AGGIORNAMENTO 15.6.2010
SULL'USO DEL LINGUAGGIO
Dai commenti al commento, evinco che da molti "difficile" è percepito come un valore letterario. Non sono d'accordo. Dalla mia tiro Borges, che rispetto a Gadda è esattamente speculare: mentre Gadda ricerca una lingua complicata (pantagruelica, bulimica) ricca di riferimenti oscuri, neologismi, arcaismi, per raccontare cose -tutto sommato- comuni (nella suburra ci hanno già portato in molti: Dickens tra tutti, che di vecchie sdentate ne ha ritratte a iosa), Borges affina la lingua fino a renderla limpida come cristallo, e la usa come mezzo per veicolare contenuti strabilianti. Parafrasando Morgan, se "Finzioni" e "L'Aleph" non esistessero, sarebbe difficile immaginarli. (Al contrario, se ripuliamo il Pasticciaccio dei tic linguistici, resta una storia non memorabile).
Borges diceva che uno scrittore, nello scegliere tra due termini equivalenti, dovrebbe SEMPRE usare quello più comune. Perché? Perché usare quello meno comune è sempre antieconomico per il lettore e a volte antiestetico.
Tra i due approcci preferisco quello di Borges, per motivi etici, perché Il Pasticciaccio mi sembra un pelo misogeno. E anche per motivi estetici, sicuro. Certo, c'è chi all'apollineo preferisce il dionisiaco e Gadda del dionisiaco è un campione: io preferisco l'apollineo. Ma per favore, non mi si dica che la mia è un'opinione personale mentre quella dei gaddiani una profonda analisi critica.

Aggiornamento febbraio 2011
Da "Di qua dal faro" di V. Consolo:
"Ad un letteratino che manifestava antipatia nei confronti del romanzo poliziesco, per la mancanza di scrittura, diceva, o meglio per la presenza di una scrittura funzionale che questo genere letterario ha di solito, per il prevalere in esso del contenuto sulla forma, della comunicazione sull'espressione, per il suo meccanico ingranaggio che lascia fuori la poesia, Leonardo Sciascia, sorridendo di un sorriso tra l'enigmatico e il divertito, cercava di far capire che il romanzo poliziesco è importante, a volte necessario, e pazienza se risulta privo di forma e carente di poesia (peggio per la forma e peggio per la poesia, avrebbe detto). [...]
Capì allora il giovane letterato che cosa nascondeva il sorriso di Sciascia, capì cos'era per lo scrittore il racconto poliziesco: uno strumento-il più opportuno e il più valido, il più robusto e più appuntito, il più lucido senz'altro- per affrontare la realtà, la oscura, terribile realtà siciliana. [...]
Lo scrittore si calava con la sua lampada da minatore nei sotterranei del potere e, illuminando, ecco che si aprivano allo sguardo, si scoprivano nuove, occulte gallerie, insondabili, paurosi meandri. I suoi polizieschi non erano dunque che amare e dolorose metafore della realtà politica italiana."
Ovvero: per alcuni la scrittura è un faro che fa luce su una realtà oscura, per altri... no.

voto: 2/5

fonte: anobii

sabato 7 giugno 2014

Robert Musil - L'uomo senza qualità (2)

ferrigno (25-05-2012)

Scemo chi legge
Ero preparato a un romanzo ambientato nella testa del protagonista. Ma ecco quello a cui non ero preparato: l'autore è convinto che i pensieri siano inesprimibili.
Fate mente locale:
1) il romanzo gira quasi tutto attorno ai pensieri di Ulrich
2) Musil crede che i pensieri siano inesprimibili
1 + 1 = non si capisce un cazzo per circa 1200 pagine, 1700 se avete l'edizione completa.
Inoltre, qua e là traspare che per alcuni personaggi e probabilmente anche per l'autore, la comprensione sia una "violenta e fredda presa di possesso del reale" e che "metta in fuga la gioia che è nelle cose".
Per come la vedo io, è vero il contrario: la comprensione METTE gioia nelle cose.
In molti hanno scritto, quasi a giustificare Musil: "ma la realtà è complessa". Ok, ma il problema è che Musil assimila il racconto alla realtà. Posso accettare che Agathe sia irrazionale o che Ulrich non abbia fiducia nel progresso o nella trasposizione chiara e fedele dei pensieri più intimi. Posso accettarlo. Pensieri profondi di tal fatta albergano nelle menti di molti, me compreso, quando non avevo problemi più seri.
Quello che non accetto è che tutto il romanzo sia pervaso da questa sfiducia, tanto che la sfiducia stessa risulti impossibile da raccontare. Così finisce che NIENTE è raccontabile!
Con qualche eccezione. Gli affari, il commercio, la vita reale. Quando Ulrich parla con il Generale Stunn è chiarissimo. Fieschel il banchiere è chiarissimo. Il Conte Leinsdorf, pragmatico organizzatore dell'Azione Parallela, è chiarissimo. Ma si tratta di frammenti.
Il problema è che Musil indulge troppo su ciò di cui non si deve parlare. Tanto che alla fine, il senso del "romanzo" sembra essere:
"Scemo chi legge!"
Quindi non è semplicemente che USQ non mi piaccia: in effetti più che altro lo odio. Sono radicalmente contrario alla poetica che sta dietro questo modo di scrivere.
Cosa posso farci? Riporto spesso questo esempio e continuerò a farlo: anche Borges racconta cose impossibili a dirsi, di inarrivabile complessità, ma lo fa con una chiarezza adamantina. Come a dire: «Datemi pure dello scemo, ma io ci provo e ce la metto tutta!».
Musil invece rinuncia e su questa rinuncia costruisce un romanzo di 1000 pagine più 700 pagine di frammenti e scemo chi lo legge. Mapperfavore.

voto: 2/5

fonte: anobii

venerdì 6 giugno 2014

J.G. Ballard - Il condominio

ferrigno (04-05-2009)

Questo romanzo è inverosimile.
È inverosimile che degli appartenenti all'upper class vadano ad abitare in un mega condominio-casermone.
È inverosimile che in un casermone di 2000 abitanti nessuno -NESSUNO!- denunci il primo omicidio e tutti quelli che seguono
È inverosimile che tutti accettino il disfacimento del casermone, è inverosimile che a pochi mesi dall'acquisto nessuno chiami un'elettricista venendo a mancare la luce ad un intero piano.
È inverosimile che uno che ha passato tutta la notte in un casermone senza né cibo né acqua né luce, assassinando i vicini e sbranando carne di cane e non lavandosi per settimane, vada a lavoro al mattino e I SUOI COLLEGHI NON SI ACCORGANO DI NULLA.
È inverosimile che parti del casermone vadano a fuoco e nessuno, fuori dal casermone, si accorga di nulla.
E così via, all'infinito.
Accettate come assiomi tutte queste inverosimiglianze, il romanzo incuriosisce e si fa leggere.
Tuttavia, a mio parere ha un grosso difetto: è troppo raccontato e spiegato. Il carattere dei personaggi si rivela non attraverso le loro azioni ma soprattutto nelle spiegazioni dell'autore.

voto: 2/5

fonte: anobii

giovedì 5 giugno 2014

Roberto Bolano - 2666 (4)

Alessio (13-04-2014)

Non ho dato un voto perché non mi sento in grado di dare una valutazione oggettiva. Comunque è uno dei libri più pallosi e inconcludenti della storia della letteratura.
Bolaño è evidentemente un poeta e cerca di trasferire la capacità evocativa della poesia nella forma romanzo. Benché lo sforzo sia encomiabile e il risultato artistico sia altissimo, l’effetto sul lettore è discutibile. La sensazione generale è quella di essere presi per il culo: nessuna delle cinque parti si conclude e l’ambiente che viene descritto è tremendamente depressivo.
Nell’integrazione delle funzioni poetiche all’interno della forma romanzo si tradisce infatti la missione consolatoria sia del romanzo che della poesia.
Una narrazione canonica – incipit, svolgimento, conclusione – rimette ordine rispetto alla realtà, consolando il lettore smarrito di fronte alle disarmonie del reale. Se la realtà è priva di logica, almeno il romanzo è un costrutto con una ratio identificabile e questo ci rassicura. Dall’altro lato, una poesia in forma canonica ha la capacità di andare oltre la logica per generare un livello più alto di armonia, e anche questo è rassicurante. Ma rintracciare l’ armonia oltre-logica all’interno di un romanzo poetico è uno sforzo decisamente poco consolatorio per noi lettori della domenica.
Un libro da leggere se siete dei critici letterati, o semplicemente dei pervertiti a cui piace gingillarsi con l’angoscia. Se siete gente normale come chi vi scrive risparmiatevelo pure. Per dirla con Kevin Spacey in House of Cards: “C’è un dolore che fortifica e un altro tipo di dolore, inutile. Io non posso sopportare le cose inutili”.

voto: s.v.

fonte: anobii

martedì 3 giugno 2014

Agota Kristof - Trilogia della città di K. (7)

claudia (28-09-2009)

Libro freddo, artificioso e troppo calcatamente nichilista. Alcuni passaggi si lasciano apprezzare per lo stile, ma il testo, nel complesso, non emoziona nè suscita interesse. Francamente disgustosa è poi la strisciante misoginia che permea ogni pagina. Una scrittrice di QUALCHE talento, che purtroppo della vita coglie solo la superficie. Tralatro in maniera distorta.

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

lunedì 2 giugno 2014

J.D. Salinger - Il giovane Holden (6)

antorizz (14-01-2010)

In assoluto il libro più sopravvalutato della storia della letteratura... traborda di snobbismo americano dalla prima all'ultima pagina, non c'è luce, non c'è poesia solo il sapore di plastica rancida che ti ritrovi in bocca dopo aver vomitato e letto questo libro... Questo signore ha fatto bene a rifugiarsi come un eremita almeno per rispetto di quei poeti e geni che hanno fatto la storia della letteratura americana, Miller, Keruac, Burroghs, Fante.....mica questo cialtrone.

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

domenica 1 giugno 2014

J.D. Salinger - Il giovane Holden (5)

Ignotus (08-02-2013)

Penso che coloro che parlano bene di questo libro altrettanto bene di coloro che lo farebbero, per esempio, dei "Fratelli Karamazov", e in generale di qualunque libro che vale 5/5; ebbene costoro forse non conoscono bene la letteratura. O hanno criteri di giudizio alquanto discutibili. Anche se non mi rivolgo agli adolescenti, perché si sa che ormai purtroppo la cultura e simili fanno pena in questo paese, e qualunque persona dica qualcosa di anche lontanamente bello o vero viene preso per un dio. Che tristezza.

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

sabato 31 maggio 2014

Don De Lillo - Underworld (7)

Bicio (16-04-2012)

Aiuto...non posso credere che il tanto osannato DeLillo sia tutto qui! O sono stato particolarmente sfortunato ad approciarmi a questo autore partendo da questo romanzo, oppure io non gradisco affatto la sua prosa che ho trovato prolissa e noisa oltrettutto la storia corale che attraversa almeno un trentennio della storia americana; se voleva essere una metafora per comprenderne la genesi; io non l'ho capita. Stessa cosa mi è capitata con Pastorale Americana di Philip Roth. Se qualcuno mi può consigliare qualche romanzo migliore e diverso da questi due; prenderei seriamente in considerazione di poter concedergli un'altra possibilità. Grazie

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

giovedì 29 maggio 2014

Albert Camus - La peste

Bicio (23-04-2012)

Scusate ma si può, senza ipocrisie, dire che quaesto libro tanto osannato, è di una noia mortale e che la storia ivi raccontata non disvela niente di trascendentale ne trasmette messaggi particolamente stimolanti. Se fosse stato un esordio, sfido tutti voi del partito del 5, come l'avreste giudicato? La domanda può sembrare provocatoria e l'esempio non pienamente calzante, ma chissà perchè, aldilà del fatto che i gusti come tali vanno rispettati, quello che mi lascia perplesso è la sensazione un pò "snobistica" che trovo nel leggere alcune recensioni di Classici o premi nobel; per cui se non capisci un tale autore o libro è perchè non ne possiedi le giuste chivi di comprensione! cioè molto garbatamente...non hai una cultura all'altezza!! Io, nelle mie limitatezze, coltivando una ultraquarantennale passione per ogni forma visiva, musicale, grafica , cinematografica e di scrittura, non posso non ricordare il ragionier Fantozzi ed il suo intrepido coraggio nel commentare il "celeberrimo" Film di Sergej Ejzen?tejn la Corazzata Potemkin....!!!!

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

mercoledì 28 maggio 2014

Don De Lillo - Underworld (6)

Giacomo (16-02-2012)

Un frullato di parole: verboso, inutile, noioso e asfissiante. Fatico a capire come una persona possa amare un romanzo del genere, assolutamente incomprensibile e senza un minimo di emozione. Mi sono sforzato, anche spinto da certi commenti, mi sono detto "magari sono io che non capisco" e ho cercato di andare avanti ma la lettura deve essere prima di tutto un piacere, invece nel mio caso si stava trasformando in tortura. La sensazione che ho avuto è che DeLillo, senza un minimo di ispirazione, si mettesse a tavolino e scrivesse le prime cose che gli passassero per la testa, senza preoccuparsi minimante di dire qualcosa di sensato o interessante. Peccato che un libro del genere venga celebrato da alcuni come un capolavoro.

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

martedì 27 maggio 2014

Miguel de Cervantes - Don Chisciotte (2)

Paolo (31-08-2012)

Sforza una comicità le cui basi si fondano su di una satira estrema rivolta ai romanzi cavallereschi. Nessuno slancio, nessun insegnamento. Un libro insulso, costituito da una quantità di pagine che tentano di dare al libro un' importanza che non ha. Per quanto mi sforzi non riesco ad apprezzarlo; leggendolo, mi par di perdere il mio tempo. Paolo

voto: 1 / 5

fonte: ibs

lunedì 26 maggio 2014

Agota Kristof - Trilogia della città di K. (6)

Andrea (23-03-2009)

Un libro brutto. Personalmente, apprezzo molto i libri quando o hanno una trama originale e ben articolata con personaggi adeguatamente caratterizzati o esprimono una poesia in grado di emozionare e coinvolgere pur in presenza di una trama magari banale e poco sviluppata. Quando poi le due cose si combinano, allora per me il libro assurge a capolavoro. Qui non c'è nulla. La trama è scarna e inutilmente incomprensibile. La poesia latita lasciando spazio ad uno stile poco scorrevole e ad un'atmosfera creata a tavolino per cercar a tutti costi un'originalità che resta artificiale e mai spontanea. Il libro parte bene e la prima parte è forse la meno peggio delle tre, poi però annoia mortalmente, tanto che ancora non l'ho finito e non so se lo finirò.

Voto: 2 / 5

fonte: anobii

sabato 24 maggio 2014

Joseph Conrad - I capolavori

Monsa (06-01-2010)

Scadono i diritti d'autore e le case editrici si lanciano a capofitto sui grandi classici pubblicando, a destra e a manca, presunti capolavori della letteratura. Joseph Conrad era stato uno delle mie tentazioni giovanili: in tenerissima età lessi "Il duello"; su un disperato regionale per Madrid, con solo pane, cipolle e sale da mangiare, per tre volte tentai e per tre volte fallii "Cuore di tenebra".
Con il trascorrere degli anni ero certo che su Jospeh Conrad avrei finito per ricredermi: naturalmente non è stato così. Conrad è uno scrittore di una noia epocale che scioglie nei suoi mille aggettivi anche le poche cose buone della sua prosa astrusa. Polacco di nascita ebbe la presunzione di scrivere in inglese senza avere degli scrittori inglesi il dono della sintesi. Le sue storie sono allungate come il peggior vino dei Castelli, ogni personaggio offre il fianco ad insopportabili digressioni, fatti del tutto irrilevanti sono occasione di perturbamenti dello spirito profondissimi ma, al giorno d'oggi, così insignificanti che si stenta persino a seguire il filo della storia. Scrittore romantico per eccellenza Conrad segnò, proprio del romanticismo, la insperata fine pubblicando gran parte della sua produzione in pieno novecento. Datato come la sedia a dondolo del nonno che nascondiamo in soffitta Conrad è una lettura obbligatoria solo per chi ricopre la cattedra di Magnifico Docente di Storia della Letteratura all'Università di Tubinga. Tutti gli altri possono serenamente accontentarsi dei riassunti della quarta di copertina.
Ah l’ottocento, che noia mortale!

voto: 2/5

fonte: anobii

venerdì 23 maggio 2014

Kurt Vonnegut - Mattatoio n. 5 (5)

Monsa (30-09-2010)

Ennesimo abbaglio della letteratura militante. Non a caso Feltrinelli, il peggiore editore di Italia, continua a ristampare questo libro senza pietà. Mattatoio n.5 è una storia squinternata e mal scritta che nulla ha a che vedere con quanto, per comodità ed interesse politico, è stato cucito addosso a questo libro negli anni successivi alla sua pubblicazione. La trama, di pura fantascienza, culmina (si fa per dire) con il bombardamento angloamericano di Dresda cui Vonnegut assistette durante la seconda guerra mondiale. L'inutile massacro di civili tedeschi (fatto a guerra praticamente finita solo per dimostrare a Stalin la potenza di fuoco degli Alleati) non salva dalla mediocrità questa opera di Vonnegut, largamente sopravvalutata e ancor più strumentalizzata. Tipico libro da Feltrinelli.

PS: IBS ha rifiutato di pubblicare questa mia recensione. A chi sta pensando: "ha fatto benissimo" suggerisco di rileggersi Voltaire.

voto: 1/5

fonte: anobii

giovedì 22 maggio 2014

Winfried G. Sebald - Austerlitz (2)

Monsa (19-01-2014)

Il capolavoro è brutto e c'è poco da fare. In sè la storia narrata da Sebald sarebbe anche interessante: il vecchio professore Jacques Austerlitz, appreso di essere stato adottato da una famiglia inglese nel 1939, va alla ricerca delle sue radici muovendosi tra Praga e Parigi. Troverà poco e niente perchè l'olocausto ha spazzato via la sua come quella di milioni di altre famiglie ebree. Lo stile di Sebald è, però, troppo analitico, pedante e prolisso per lasciare vero spazio alla vicenda. Il lettore si perde dietro paragrafi che sono solo raffinati elenchi di cose e/o oggetti perduti ma niente emoziona o appassiona sul serio. E' un vizio tutto tedesco – Thomas Mann è riuscito a rovinare la "sua" morte a Venezia – quello di interpolare il testo con delle colte digressioni ma, in questo modo, l'unica cosa che si ricorda è il narcisismo dell'autore: alla sua smisurata cultura si plaude un po' inebetiti ma, nella realtà dei fatti, non si impara niente e si perde di vista il filo della storia. Se fosse stato lungo quarantacinque pagine questo racconto sarebbe stato un capolavoro, o quasi. La ricerca delle radici inizia, invece, solo a pagina 150 e si trascina fino a pagina 315 con dottissime dissertazioni di architettura civile e militare che rimandano alle parti peggiori del Viaggio in Italia di Guido Ceronetti. Allungato come il brodo di tacchina che ti servono al ristorante il 27 di dicembre pochi libri, come Austerlitz, confermano i miei dubbi in merito alla sopravvenuta morte della letteratura d'autore.

voto: 2/5

fonte: anobii



mercoledì 21 maggio 2014

William Shakespeare - Macbeth (2)

Laguna3 (22-08-2012)

Opera minore. Sicuramente si tratta di un'opera importante (e maledetta), la storia è abbastanza avvincente per quanto sostenuta da una trama abbastanza inconsistente e difficilmente giustificabile, piuttosto pretestuosa per quanto veritiera. Reputo il dramma scozzese una spanna inferiore ad altre opere celebri del caro Shakespeare, vedi Amleto. Mi aspettavo forse qualcosina in più.

voto: 3/5

fonte: anobii

martedì 20 maggio 2014

Dino Buzzati - Il deserto dei tartari (4)

Antonio (11-02-2008)

Ci sono capolavori che giacciono in un cassetto per esser rivalutati postumi e romanzi modesti che si vuol, a tutti i costi, far passare per opere d'arte. Il Deserto dei Tartari appartiene a questa seconda categoria. La scuola può far danni come la religione! Perchè romanzi come quello in esame passano alla storia? Sono convinto che sia la società ad inculcare concetti errati nel giovane e lo costringa a pensarla in un determinato modo. Crescendo poi, fortunatamente, qualcuno riesce a liberarsi dai condizionamenti e nuotare controcorrente. Leggete il Deserto dei Tartari liberi da condizionamenti e lo troverete un romanzo che di speciale non ha nulla. Semplicemente racconta la vita per come la conosciamo. E' questo un motivo sufficiente per farne un capolavoro?

Voto: 2 / 5

fonte: ibs

lunedì 19 maggio 2014

Jorge Luis Borges - Manuale di zoologia fantastica

Laguna3  (17-10-2012)

Deludente è la prima parola che mi viene in mente anche se non credo che sia la più giusta. Non si capiscono i parametri per cui vengono scelti gli animali fantastici, talvolta provengono dalla cultura popolare, altre da testi altre ancora da sogni di alcuni scrittori (!). Non esiste una classificazione standard pseudo scientifica, manca una qualunque digressione. Gli argomenti sono sviluppati mediante la citazione o brevi commenti privi di criteri. Non riesco a capirne la chiave di lettura, ho trovato molto più utile un banalissimo manuale di mostri dei consueti giochi di ruolo.

fonte: anobii

domenica 18 maggio 2014

William Shakespeare - Macbeth

Giovanni Parisani (05-01-2013)

La storia, a molti nota, è carica di fascino: Lady Macbeth sonnambula che non riesce a lavare via il sangue dalle mani, la profezia che il regno sarebbe durato finchè la foresta non si fosse spostata, l'apparizione delle streghe danzanti, sono immagini che appartengono alla tradizione letteraria, ma nel libro (o almeno in questa edizione) non troverete molto più di questo.

voto: 2/5

fonte: anobii

sabato 17 maggio 2014

Franz Kafka - America

Yupa  (15-10-2013)

Incompiuto come gli altri, America è il romanzo più potabile di Kafka.
Resta per me un bel punto interrogativo non tanto la sua produzione letteraria quanto il diffuso entusiasmo suscitato dalla stessa, specie presso la critica.

Voto: 2/5

fonte: anobii

venerdì 16 maggio 2014

José Saramago - Caino

Ivan Piffer (05-02-2011)

Saramago rimane uno dei piu' bravi scrittori che abbia mai letto, ma come "Il vangelo secondo Gesu' non mi convince quando usa arte per sfregiare una religione. Ha dimostrato rabbia nei confronti delle figure cristiane fondamentali e poteva risparmiarselo. Lontano dai fasti di cecita'.

voto: 2/5

fonte: anobii

giovedì 15 maggio 2014

Gabriel Garcia Marquez - Cronaca di una morte annunciata

zaraffa siculo  (11-10-2008)

Orribile libro, dal momento che sembra pervaso di una larvata apologia dei criminali sventratori e di una patinata elegia della prostituta finta verginella. Colombiano.

Voto: 1 / 5

fonte: ibs

mercoledì 14 maggio 2014

Joseph Conrad - La linea d'ombra (8)

Werehare  (17-10-2012)

Mi aspettavo qualcosa di tutt'altra statura: a fine lettura la domanda spontanea è stata "Embè?". La storia non è davvero niente di che, la narrazione è pesante e piena di pippe mentali tranne che in alcuni dettagli evocativi nelle descrizioni.

voto: 2/5

fonte: anobii

martedì 13 maggio 2014

Dino Buzzati - Il deserto dei tartari (3)

francesco (02-09-2008)

Testo leggibile, scorrevole, semplice, ma con delle incongruenze stilistiche, di forma e di sostanza. Emergono lacune e contraddizioni del personaggio. Il lasciarsi vivere non e' segno positivo, abbandonarsi seppure per un insano desiderio di scalare le posizioni della gerarchia militare non appare un motivo sufficiente per abbandonare la societa' civile.
Infatti il processo di osmosi se si tenta un'inquadratura calibrata del personaggio nella realta' del romanzo, e' compiuto in modo cosciente, non mi pare di aver scorto la neghittosita' dell'ambiente che tutto avvolgerebbe in modo surreale, quasi come se la fantomatica fortezza bastiani fosse d'un tratto divenuta la casa degli usher.
Sono punti di vista. Certo la prima apparente sensazione e' che il clima dell'ambiente eserciti una presa quasi soprannaturale,costringendo tutti gli astanti ad una perenne attesa, ma non e' che fuori dai bastioni la vita sociale che attende i reduci sia un 'oasi di pace almeno per giovanni, il quale forse piu' degli altri si vede schiacciato dal velo di trasparenza, letale diaframma separante che si'e'instaurato tra lui ed il resto del mondo per la ferma.
Singolare e simbolico il ripetersi a distanza di anni, dell'accoglienza da veterano quale e' diventato riservata al neofita tenente moro fresco di nomina, simile a quella di ortis dedicata a lui agli albori del viaggio. Drogo comincia l'incarico nell'inquietudine, finisce la carriera nella malattia,forse da eroe, serenamente, in attesa del trapasso, ultimo colpo di reni vibrato alla mala sorte che sembra accanirsi contro di lui, quando, ultima beffa crudele del destino,dopo la trentennale attesa spasmodica in cui vede morire colleghi in modo grottesco (interessante la digressione sul ghigno del sergente maggiore ligio al regolamento, impone con lo sguardo alla sentinella di sparare sulla recluta inadempiente corso ad un tratto all'esterno, il povero lazzari, e suggestivo il sogno funebre elegiaco del trapasso del collega angustina)ed altri meschini figuri, deve cedere a guerra in avvicinamento.(?)

voto: 3 / 5

fonte: ibs

lunedì 12 maggio 2014

William Golding - Il signore delle mosche (3)

sigurd (17-12-2008)

E' un'utile guida per quei giovani scrittori alla ricerca di consigli, soprattutto sul come evitare quegli errori fatali che potreste commettere nel dar fiato ai vostri pennelli intinti nell'inchiostro di china e della spregiudicatezza e che rischierebbero seriamente di farvi vincere il premio Nobel. Dio non voglia e abbia di voi pietà sempre.
Il signor Golding è esattamente un uomo da tapiro. Lui è una Vanna Marchi mondiale.
Ha scritto un'autentica porcheria e l'ha fatta spacciare per capolavoro. Non solo, ci ha creduto lui stesso. Il libro è un concentrato serio di strafalcioni. A partire dal concepimento.
Voi sareste in grado di andare a letto con vostro marito o vostra moglie e dire:
bella buzzicona/e mia/o stasera facciamo un bel figlioletto, maschio, con gli occhi azzurri, possibilmente con qualche lentiggine (non tante) e magari biondo! all'operaaa! sareste in grado? Ecco se sì, alzo le mani! Io ho un concetto un po' romantico del concepimento...
I libri così come i figli vengono soprattutto da un'esperienza intima,
amorevole, spesso sono proprio quelli pianificati che non vengono, e se vengono
non è mai come li vorremmo; non di rado gli scrittori (quelli onesti e sinceri)
paragonano i loro libri ai figli e spesso ne parlano con devozione quasi paterna.
Golding invece ha fatto l'errore più grosso che uno scrittore possa fare,
cercare di dimostrare una tesi e far convergere in essa storia e personaggi,
cavallo e cavaliere, forzatamente. Ne risulta un libro sciatto, vergognoso,
orripilante. Unica virtù: il titolo, per ovvi motivi.

Voto: 1/5

fonte: anobii

domenica 11 maggio 2014

Gabriel Garcia Marquez (1927-2014)

enzo (16-06-2012) a proposito di Cent'anni di solitudine

L'ho letto a 14 anni e mi sembrava bello. Oggi a ripensarci mi viene da ridere. Fortunatamente in seguito non ho quasi mai incontrato libri tanto modesti. A chi non lo conosce dico solo una cosa: lasciate perdere.

Voto: 1 / 5

fonte: ibs