lunedì 3 ottobre 2011

Franz Kafka - Il Processo (9)

Ivan Piffer scritto il May 28, 2009

Ecco da dove deriva l'aggettivo "kafkiano" :) :) . Assolutamente allucinante! Da leggere? Bohhh... probabilmente per dire di aver letto Kafka (lo associo a quei cinefili che "godono" nelle rassegne di cineforum i film iraniani in lingua madre sottotitolati con carattere arial 6. E' stato veramente faticoso arrivare alla fine...


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Franz Kafka - Il Processo (8)

radio indygesta.org scritto il Dec 3, 2008

la scrittura...zen!

che c'entra zen con kafka?! direte voi...ebbene, e' il tassello che mi mancava, il fine che non riuscivo a concepire ai miei nano-racconti. kafka non scrive per il racconto, il racconto stesso non esiste, ne' ha una trama. e' solo insieme di particolari ma il fine e' se stesso. un principio molto zen. cosi il processo, il tribunale, l'accusa stessa, non esistono. sono solo artefizi, giustificazioni alla scrittura sulla quale in realta' dobbiamo focalizzare il nostro processo di lettura. un vero principio artistico.

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Franz Kafka - Il Processo (8)

Ignatius Reilly scritto il Mar 18, 2010

Di Kafka avevo letto La Metamorfosi, Nella colonia penale e Lettera al padre. E avevo trovato tutto veramente bello.
E invece Il processo non mi ha convinto: a volte annoiato e mai veramente preso.

Kafka, così efficace nei racconti, non rende nella versione romanzo: un romanzo non può reggersi solo su un'atmosfera, ché sennò, dopo tot pagine di nulla, uno può dirti: "oh, tutto bello, ma guarda che non stai scrivendo un trattato anatomico sulla (tua) paranoia e alienazione, ma un romanzo."

E poi forse, paranoico per paranoico, alle paranoie da contabile di Kafka io preferisco quelle in technicolor di Dick.


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Franz Kafka - Il Processo (7)

Hercule.Poirot scritto il Jan 3, 2011

Grottesco, con pretese di realismo. Non mi è piaciuto per niente, lo credevo diverso.
Deludente.

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Franz Kafka - Il Processo (6)

LaMelaMarcia scritto il Jun 9, 2011

Pro cesso. A noi appassionati lettori spesso capita di affezionarsi ai protagonisti dei romanzi. Ci piacerebbe avere il loro carattere, il loro coraggio, vivere le fantastiche trame per cui sono stati creati: farsi tutte le donne di Henry Chinaski, ad esempio, essere figo come Tyler Durden o aiutare il capitano Achab ad ammazzare finalmente quella dannata balena bianca.
Ma non sempre si subisce il fascino del protagonista, spesso sono dei personaggi secondari a conquistare il nostro affetto: quale donna non vorrebbe essere desiderata come Miriam da Barney Panofsky. Io vorrei essere bello come Febo, e sfido chiunque a non provare simpatia per Sancho Panza o per Watson.
Faccio questa premessa perché ne Il Processo di Franz Kafka, la mia stima è tutta per i due signori grassi e pallidi che ammazzano come un cane Josef K. mettendo fine al romanzo.
Ed è la stessa cosa che più o meno farei io se tornando indietro nel tempo mi trovassi davanti l'autore, Kafka in persona, che dopo avermi abbindolato e affascinato con La Metamorfosi mi ha enormemente deluso con quest'opera.
Ovviamente: mea culpa. Ho letto parecchie recensioni su Il Processo molte delle quali gridano al capolavoro.
Personalmente ho trovato interessanti solo la prima parte in cui K. viene accusato di questo crimine tanto misterioso, le ambientazioni e l'atmosfera cupa e angosciante in cui si svolge la trama. Il resto è di una noia mortale. Lento come la burocrazia italiana e pesante come Giuliano Ferrara.
Del resto se Kafka aveva deciso di non pubblicarlo, perché incompiuto, un motivo ci sarà stato, o no?
Non credo neanche che le mie difficoltà nella lettura di questo testo siano state dettate dalla poca predisposizione al surreale e all'onirico visto che tra i miei scrittori preferiti figurano Saramago e Murakami.

Mi si processi pure, dunque. Ma piuttosto che affrontare un kafkiano processo come quello raccontato in questo libro, mi dichiaro colpevole fin da adesso.


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Franz Kafka - Il Processo (5)

Yupa scritto il Jul 5, 2011

Suo malgrado (forse), Franz K. è riuscito a dimostrare che la biografia non fa lo scrittore. La biografia non basta.
Non basta la tubercolosi, non basta lo sfacelo interiore, non basta il "gigantesco senso di colpa" su cui Franz K. si diffonde nella Lettera al padre. Non basta una vita alla rovina per produrre quella strana cosa chiamata arte. Altrimenti il Mondo di arte ne sarebbe pieno, cosa che mi pare non sia.
È un problema, forse, per il Mondo, più facilmente lo è per quei disperati che pur volendo non riescono a dar forma alla disperazione loro; cosa che, se riuscisse, fungerebbe almeno da lenitivo, per quanto forse provvisorio o posticcio (a testimoniarlo la sequela, non breve, degli scrittori suicidi).
La disperazione divora sé stessa, disarticola l'urlo che vorrebbe esprimerla e, nei casi più acuti, lo soffoca, lo riduce a goffo brontolìo di fondo, incomprensibile e ininteressante ai più.

I testi di Franz K., esclusi le raccolte dei racconti, rimangono cantieri aperti, incompleti: così per America, così per il Processo, così per il Castello.
Cantieri aperti dai piloni appena gettati, fondamentate tentate, cumuli di mattoni a formare incerti abbozzi di muri, sempre lì lì per cadere.
Un cantiere può interessare l'ingegnere e l'architetto che voglia indagarne le tecniche di costruzione, ma le messe in opera kafkiane rivelano in ciò che resta unicamente l'inconclusività a cui già erano condannate: chiarissimi in tal senso gli ultimi capitoli del Castello, che vanno ad attorcigliarsi con pena e fatica senza sbocco alcuno in vista.

Una casa allo stato di cantiere difficilmente potrà essere considerata abitabile dai più.
E il lettore, ne fosse pure inconsapevole, è esigente e cinico, egoista. Anche chi non brama il salotto coi merletti o una tavolata imbandita di delizie, richiede comunque mura e tetti privi di buchi, una cucina funzionante, un minimo di servizî igenici. E una volta ottenuta la soddisfazione, quanti riflettono sui lavoranti cascati dalle impalcature per ottenerla? sui suicidî seguiti alle indagini per corruzione edilizia?

I romanzi di Franz K. sono cantieri inconclusi messi in opera da un architetto che -suo malgrado- non riesce a tollerare il conforto di una casa completa, abitabile, una casa nelle cui mura ben fatte siano resi invisibili, cancellati, il sudore e il sangue di chi quelle mura le ha sollevate; se non come vezzo postmoderno: ma mattoni e tubature lasciati in mostra sono là a bella posta, ovvero sono finzione.
Dai romanzi possiamo quindi desiderare e accettare la finzione del dolore, della disperazione, di vite alla rovina o di chi tali cose è riuscito a trasformare in finzione, in forma, in recita. Persino le rotture di avanguardie e sperimentali hanno le loro regole da seguire, o da violare. Condoniamo i film dell'orrore più estremo, ma chi cerchi in rete filmati di torture lo riteniamo mostro.
Il dolore, la disperazione, la rovina, in Franz K., rimangono troppo, massicciamente vere, e finiscono per spezzare in anticipo qualunque tentativo di formare alcunché, sia persino una forma paradossalmente deforme.
Resta solo il niente.
Le sue opere incontrano già nel tentativo di nascere la propria sconfitta, deragliano e si perdono, e alla fine non resta loro che esibire il proprio fallimento, rinchiudendosi nel silenzio.

Per quanto amaro viene persino da pensare: forse aveva ragione, Franz K., richiedendo, una volta scomparso, il rogo di tutti i suoi scritti.


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Franz Kafka - Il Processo (4)

Rrf - www.santaprecaria.com scritto il Jun 9, 2008


non lo finirò mai. ho paura.

E comunque, non l'ho comprato per me ma per regalarlo. Poi ho avuto paura che il destinatario del libro lo leggesse, si cacasse sotto e mi maledicesse per la vita.


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Franz Kafka - Il Processo (3)

MiticaNic scritto il Apr 6, 2009

Purtroppo se non letto immerso nella magica atmosfera di Praga, risulta un pò pesante.
Forse uno dei pochissimi libri che non riuscirò a finire...

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Franz Kafka - Il Processo (2)

Lu_i_gi scritto il Mar 16, 2011

Bisogna partire da un presupposto : i "Grandi" possono scrivere cose piccole. Questo è un caso del genere. Tante erano le aspettative su questo romanzo scritto da uno degli scrittori per me più interessanti del primo '900. Aspettative decadute. Lo scritto "scorre lento", il protagonista - Josef K. - non risulta quasi mai simpatico, nella parte; la scrittura (colpa della traduzione di Landolfi ?) risulta grigia, tediosa come il lunedì mattina di Febbraio; i personaggi che ruotano intorno al condannato spesso appaiono inutili. Un eventuale buon finale non riuscirà a far mutare in me il giudizio su questo romanzo che resta quindi scarso. Non come l'Autore. Da ricontrollare

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