venerdì 14 ottobre 2011

Thomas Mann - I Buddenbrook (2)

Bri74 scritto il Jul 23, 2011

Sopravvalutato. non capisco il largo consenso per questo romanzo. Si ammetto che ci sono alcune parti che ho trovato intense e piacevoli, ma si tratta di pillole (la morte della madre, e alcuni passi riguardanti Hanno), isole in mezzo ad un mare di noia e di "piattume". Quasi tutti i personaggi (ad esclusione forse di Tom) sono veramente tagliati con l'accetta, psicologicamente hanno lo spessore della carta velina. L'autore ne sottolinea i tic e le espressioni con una ripetitività veramente eccessiva: Christian che arriccerrà il naso 200 volte, Tony con il suo "alzare la testa e premere il mento su petto e il "io che ho conosciuto le cose della vita". Descrizioni poi veramente poco evocative, forse a causa anche della traduzione: "I lobi delle orecchie erano molto grandi..[omissis]..e appuntiti come quelli di una volpe" ?!?! perchè una volpe hai i lobi? Insomma 700 pagine inutili con qualche perla qua e là

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Thomas Mann - I Buddenbrook

RickyMos scritto il Dec 27, 2008

Bisognerebbe impedire agli scrittori esordienti (ma anche a quelli al secondo romanzo) di scrivere romanzi superiori alle pochissime centinaia di pagine (due o tre).

Questo perché, anche nel caso di grandi menti come Thomas Mann, le esperienze di vita non sono sufficienti - soprattutto se uno si chiude in casa per fare lo scrittore - e si continua a ripetere per capitoli e capitoli un concetto che è chiaro già a pagina dieci.

I "Buddenbrook", terminato dal tedesco a 25 anni, contiene già i temi fondamentali della poetica di Mann: il confronto fra i "Vincenti" e i "Perdenti" di questo mondo, l'impossibilità per le due fazioni di comunicare, l'insita superiorità morale dei secondi.

Peccato che questo concetto, in questo volume prematuro, sia allungato come il pernod di un ubriaco e porti il lettore allo sfinimento.

Devo confessare che questa sterile e continua contrapposizione, oserei dire infantile, fra la "massa" e l'"intellettuale", la ritrovo in quasi tutti i volumi di Mann, i cui personaggi rimangono chiusi nelle loro gabbie e non crescono mai, né agiscono davvero.

Ma i "Buddenbrook", a differenza del "Tristano" o del "Tonio Kroeger", ha il difetto di allungare questo insipido brodo in maniera tanto ben scritta quanto inutile da leggere, se non per ribadire a se stessi cosa non interessa dalla letteratura.


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Marcel Proust - La Strada di Swann (2)

Iaretta scritto il Feb 5, 2009

Periodi di almeno 10 righe, e guai a non interromperli con almeno 3 incisi...come complicare il pane

Definire questo libro "faticoso" è un eufemismo...
Ma perché Proust viene considerato, insieme a pochi altri, il padre della letteratura moderna?
Dopo aver letto uno dei suoi libri più famosi questa domanda mi viene spontanea...

Proust è pesante, cervellotico, arzigogolato, astruso... questo è stato il suo contributo alla modernità? complicare il piacere della lettura?
Non c'è un periodo nel suo stile che non sia composto da meno di 10 righe, e soprattutto che non contenga al suo interno almeno 3 incisi, ma, statistiche a parte, è chiaro che lo scrittore non fa che rovesciare su carta i suoi pensieri così come si sono formulati nella testa, e aggiungendovi qualche elemento in più, se mai le sue idee incomprensibili non bastassero.

Il primo capitolo poi è fatto prevalentemente di descrizioni di una noia mortale. Il secondo è semplicemente il racconto di una gelosia, e quindi di un amore, senza limiti e senza dignità, che rasenta decisamente il grottesco.

Degli spunti interessanti in mezzo a questo caos non mancano, e sono effettivamente quelli degni di un grande scrittore. Evidentemente sono bastati alla celebrità di Proust.


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Marcel Proust - La Strada di Swann

Chiara scritto il Nov 14, 2007

Che vi devo dire... per anni ho tentato a più riprese di leggere per intero La ricerca del tempo perduto, ma malgrado apprezzi molto la letteratura francese e mi affascinino sia l'epoca che l'ambiente e le atmosfere, non riesco proprio a trovare in questo libro motivi sufficienti per restare sveglia leggendolo. Proust mi sembra un meticoloso e noioso osservatore del proprio ombelico, più che il testimone di un'epoca e di una mentalità. E' come se l'opera fosse stata scritta a scopo di autoterapia, per analizzare problemi personali e non per lasciare una traccia letteraria di spessore universale. Ho letto molti altri libri impegnati e impegnativi e non sono certo una lettrice dal palato facile, ma questa Ricerca mi ha abbastanza delusa. Molto meglio Zola, e per i nostri tempi l'impagabile Pennac.


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